Allentare le redini dello Stato
Il costoso sistema sanitario svizzero non è predisposto per soluzioni radicali. Tuttavia, ci sono diversi approcci per contenere i costi in futuro, come afferma Beatrix Eugster dell’Università di San Gallo.
«Pagherò profumatamente colui che sa come si può dare un franco quando si hanno in mano solo 80 centesimi.» Con queste parole, già nel 1916 il primo Presidente centrale dell’odierna CSS, Josef Bruggmann, manifestò il grande dilemma che ancora oggi caratterizza l’intero settore dell’assicurazione malattie: i costi aumentano incessantemente e con essi anche l’onere dei premi. Si pone quindi la domanda se qualcosa sia andato storto nel corso delle generazioni. «In realtà l’aumento dei costi nel sistema sanitario è sproporzionato», afferma Beatrix Eugster (vedi riquadro). «Fondamentalmente non è andato storto nulla. Piuttosto, l’aumento dei costi era ed è un riflesso diretto dei rispettivi sviluppi ed è per lo più facilmente spiegabile.» Ai tempi di Josef Bruggmann erano soprattutto le grandi epidemie - si pensi ad esempio alla dilagante tubercolosi o all’influenza spagnola - a pesare enormemente sulle assicurazioni malattie. «Oggi sono soprattutto l’invecchiamento della società e il rapido progresso della medicina ad avere un grande impatto.»
Non si può parlare solo di costi
Alla luce di ciò, non si può puntare il dito solo sui costi. «Dobbiamo guardare anche gli aspetti positivi», afferma Beatrix Eugster, «ad esempio il fatto che oggi possiamo curare diverse malattie o almeno rallentarle.» Alla fine, entrambi questi due fattori contribuiscono a risparmiare sui costi. Ciononostante, occorre fare tutto il possibile per mantenere anche in futuro il sistema sanitario entro un range sostenibile. A tal fine esistono diverse possibilità di intervento. «Molte di queste sono note da anni», afferma Beatrix Eugster. Tra queste, ad esempio, la cartella informatizzata del paziente, che potrebbe evitare molti tempi morti e quindi costi inutili. «Ma anche nella digitalizzazione vedo un enorme potenziale di efficienza.» A questo proposito, cita la pandemia di coronavirus, durante la quale le notifiche di infezione non venivano inviate elettronicamente, bensì via fax, come decenni fa. Altri importanti fattori per una maggiore efficienza prevedono una limitazione della dispensazione di medicamenti da parte dei medici e soprattutto una pianificazione ponderata del panorama ospedaliero svizzero, che è ancora fortemente federale. «Inoltre, dobbiamo mettere in discussione l’applicazione di un sistema secondo cui un medico o un ospedale guadagna di più in base al numero delle prestazioni prescritte.»
«Lo Stato non dovrebbe ostacolare le innovazioni attraverso nuovi testi regolativi.»
La tendenza allo status quo
Ma perché la Svizzera fatica così tanto a risolvere problemi noti da tempo? Beatrix Eugster commenta: «Il motivo principale risiede nella volontà, tipicamente elvetica, di raggiungere il consenso, unita a una spiccata propensione allo status quo.» Ciò crea una situazione paradossale, in cui le persone sono predisposte ad affrontare i problemi insieme. Tuttavia, a causa del consenso – dopo trattative spesso lunghe – capita spesso di trovare sul tavolo una proposta che non è più economica, bensì più costosa. «E se nella pianificazione ospedaliera le controparti non sanno esattamente cosa potrebbe comportare l’accorpamento di due cliniche o addirittura la chiusura di un ospedale, preferiscono lasciar perdere. E quindi tutto rimane come prima.»
Impuntarsi è inutile
Invece di cercare di forzare nuove soluzioni, sarebbe più sensato, tra l’altro, allentare le redini dello Stato nel settore dell’assicurazione malattie e non ostacolare le innovazioni con nuovi testi regolativi. «Spesso infatti sono gli assicuratori stessi che sono disposti a creare nuove idee e approcci, come è il caso della CSS con il suo Health Lab e la ricerca di nuovi approcci terapeutici.» Come esempio di intervento statale negativo, cita quanto è successo all’iniziativa della CSS, che alcuni anni fa invitava gli assicurati affetti da determinate malattie ad utilizzare farmaci generici al posto dei costosi preparati originali. Invece di sostenere questa iniziativa che avrebbe portato a risparmiare sui costi, la Confederazione l’ha improvvisamente vietata per motivi di protezione dei dati. Si potrebbe pensare anche di premiare le attività volte alla promozione della salute non solo nell’assicurazione complementare, ma anche – cosa attualmente vietata – nell’assicurazione di base con una certa riduzione dei premi. «Le autorità e la politica devono finalmente rendersi conto che gli assicuratori devono essere liberi di muoversi quando devono introdurre misure semplici ma sensate.»
Beatrice Eugster
Beatrix Eugster (classe 1983) è professoressa di economia politica presso l’Istituto svizzero di ricerca economica empirica dell’Università di San Gallo. Insegna inoltre economia sanitaria e del mercato del lavoro ed è membro della Società svizzera di economia sanitaria. Beatrix Eugster è sposata e ha due figli.
Questione sociopolitica
Beatrix Eugster non sa in quale direzione si svilupperà il sistema sanitario svizzero nei prossimi anni e decenni. Il fatto è che soluzioni radicali come un’assicurazione minima o addirittura l’abolizione dell’obbligo assicurativo non rappresentano un’alternativa davvero valida, in quanto non ridurrebbero i costi, ma semplicemente li trasferirebbero. Anzi, si aspetta che a medio termine la buona propensione svizzera alla contrattazione continuerà a fare la differenza. «La volontà di cambiare è sempre stata presente e ha portato continuamente a nuove soluzioni e cambiamenti; lentamente, ma in modo costante.» Ad esempio è il caso del «Managed Care», in cui oggi sul mercato sono presenti numerose offerte intelligenti tra cui gli assicurati stessi possono scegliere e definire i propri limiti. Peraltro, è da ingenui credere a un’inversione di tendenza in termini di costi. «Perché il mercato sanitario non è più un’impresa con fini caritatevoli come all’inizio. Piuttosto, come dice la parola stessa, è un business. E non cambierà.» In ultima analisi, quindi, è una questione sociopolitica stabilire quanto realmente si intenda sfruttare le possibilità offerte dalla medicina senza sacrificare al tempo stesso la solidarietà, perfettamente ragionevole, tra le persone assicurate.